Leopoldo Panero. Anniversario della sua morte. poesie

Leopoldo Paneri

Leopoldo Panero Torbado Morì il 27 agosto 1962. Studiò Giurisprudenza nelle Università di Valladolid e di Madrid, dove si laureò. Ha pubblicato i suoi primi versi nel Nuova Revista, pubblicazione da lui fondata e dove ne ha lanciate anche altre. Successivamente, a Madrid, coltivò l'amicizia di Luis Rosales o Gerardo diego tra gli altri. Tra le sue opere ci sono Versetti del Guadarrama o porta candida, già alla fine della sua vita. E tra i riconoscimenti ricevuti c'è quello Premio Letteratura nazionale. Lo ricordiamo con questo selezione di poesie.

Leopoldo Panero — Selezione di poesie

Mio figlio

Dalla mia vecchia sponda, dalla fede che sento,
verso la prima luce che prende l'anima pura,
Vengo con te, figlio mio, lungo la strada lenta
di questo amore che cresce in me come mite follia.

Vengo con te, figlio mio, frenesia assonnata
della mia carne, parola della mia quiete profondità,
musica che qualcuno batte non so dove, nel vento,
Non so dove, figlio mio, dalla mia riva oscura.

io vado, tu mi prendi, il mio sguardo si fa credulo,
mi spingi leggermente (sento quasi il freddo);
mi inviti all'ombra che sprofonda nella mia orma,

Mi trascini per mano... E nella tua ignoranza confido,
e il tuo amore mi ha abbandonato senza più nulla,
terribilmente solo, non so dove, figlio mio.

Sonetto

Signore, il vecchio ceppo cade a pezzi,
l'amore forte nato a poco a poco,
pause. Il cuore, povero sciocco,
sta piangendo da solo a bassa voce,

del vecchio baule che fa la povera scatola
mortale. Signore, tocco la quercia nelle ossa
sciolto tra le mie mani, e ti invoco
nella santa vecchiaia che screpola

la sua nobile forza. Ogni ramo, in un nodo,
era la confraternita della linfa e tutti insieme
hanno dato ombra felice, buoni lidi.

Signore, l'ascia chiama il ceppo muto,
colpo dopo colpo, ed è pieno di domande
il cuore dell'uomo dove suoni.

La malinconia

L'uomo afferra nel sonno la mano che gli viene tesa
un angelo, quasi un angelo. tocca la sua carne fredda,
e fino al fondo dell'anima. In ginocchio, scendi.
Lui lui. È colui che spera di portarci ogni giorno.

È il dolce fantasma del cuore, l'elfo
delle nostre povere anime, è la malinconia.
È il suono delle foreste dove si diffonde il vento
parlandoci come Dio ci parlerebbe!

Un angelo, quasi un angelo. Nel nostro petto preghiamo,
ai nostri occhi guarda e alla nostra mano tocca;
e tutto è come una nebbia di leggera tristezza,

e tutto è come un bacio vicino alla bocca,
e tutto è come un angelo stanco della bellezza,
chi porta questo peso di roccia sulle spalle!

dire con il linguaggio

In questa pace alata del cuore
riposa l'orizzonte di Castiglia,
e il volo della nuvola senza sponda
la pianura blu mite.

Resta solo la luce e lo sguardo
sposare la meraviglia reciproca
dalla calda terra gialla
e il verde della tranquilla quercia.

Di' con la lingua la buona sorte
della nostra doppia infanzia, fratello mio,
e ascolta il silenzio che ti nomina!

La preghiera di ascoltare dall'acqua pura,
il fragrante sussurro dell'estate
e l'ala dei pioppi all'ombra

mani cieche

Ignorando la mia vita
colpito dalla luce delle stelle,
come un cieco che si allunga,
quando si cammina, le mani all'ombra,
tutto me, mio ​​Cristo,
tutto il mio cuore, senza diminuire, intero,
virginale e su, riposa
nella vita futura, come l'albero
riposa sulla linfa, che lo nutre,
e lo fa fiorire e verde.
Tutto il mio cuore, brace di un uomo,
inutile senza il tuo amore, senza di te vuoto,
nella notte ti cerca,
Sento che ti cerca, come un cieco,
che si estende quando si cammina a mani piene
ampio e gioioso.

Canta con la tua umiltà

come plachi la mia sete?
con la tua umiltà! La tua mano
mi trema il petto
l'ombra del dolore, proprio come un uccello
tra i rami verdi, vicino al cielo!
come porti alle mie labbra
con la tua umiltà la luce sulla tua fronte
come la neve sul campo,
e disseti la mia sete di aver pianto
di umiltà, avendo te,
addormentato, come un bambino, tra le mie braccia!

Nel tuo sorriso

Il tuo sorriso inizia,
come il rumore della pioggia sulle finestre.
Il pomeriggio vibra in fondo alla freschezza,
e un dolce profumo sale dalla terra,
un odore simile al tuo sorriso,
muovi il tuo sorriso come un salice
con l'aura di aprile; i pennelli della pioggia
vagamente il paesaggio,
e il tuo sorriso si perde dentro,
e dentro è cancellato e disfatto,
e verso l'anima mi prende,
dall'anima mi porta,
stordito, al tuo fianco.
Il tuo sorriso già brucia tra le mie labbra,
e odorando in essa sono di terra pulita,
già leggera, già la freschezza del pomeriggio
dove il sole torna a splendere, e l'iride,
leggermente mosso dall'aria,
è come il tuo sorriso che finisce
Lasciando la sua bellezza tra gli alberi.

fonte: Città Seva


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