Rosa Chacel. Anniversario della sua morte. Poesie scelte

cappella rosa Fu poeta, saggista e romanziere. Nato a Valladolid nel 1898, deceduto un giorno come quello di oggi del 1994 a Madrid, dove viveva. Collegato al Generazione di 27Collaborò con diverse riviste e aderì a importanti raduni letterari dell'epoca come l'Ateneo. Della sua vasta opera, composta da romanzi, saggi, racconti e poesie, spicca il suo romanzo Quartiere Maravillas. Ha vinto Premio nazionale di letteratura spagnolo nel 1987, tra gli altri. Questo è uno selezione di poesie. Per ricordarlo o scoprirlo.

Rosa Chacel - Poesie scelte

I marinai

Sono quelli che vivono non nati sulla terra:
non seguirli con gli occhi,
il tuo sguardo duro, nutrito di fermezza,
cade ai suoi piedi come un pianto impotente.

Sono quelli che vivono nell'oblio liquido,
ascoltando solo il cuore materno che li culla,
il battito della calma o della tempesta
come il mistero o la canzone di un ambiente accattivante.

Farfalla notturna

Chi potrebbe tenerti dea oscura?
chi oserebbe accarezzare il tuo corpo
o respirare l'aria della notte
tra i capelli castani del tuo viso?...

Ah, chi ti legherebbe quando passi?
sulla fronte come un respiro e un ronzio
il soggiorno scosso dal tuo volo
e chi potrebbe senza morire! ti capisco
trema sulle labbra fermate
o ridere nell'ombra, scoperto,
quando il tuo mantello va a sbattere contro le pareti?...

Perché venire alla dimora dell'uomo?
se non appartieni alla loro carne o hai
voce né puoi capire i muri?

Perché portare la lunga notte cieca?
che non rientra nel calice dei limiti...

Dal respiro inespresso dell'ombra
che la foresta tende sui pendii
-roccia spezzata, muschio imprevedibile-,

da tronchi o viti,
dalla voce oscena del silenzio
gli occhi vengono dalle tue ali lente.

Dà alla datura la sua canzone notturna
che trascende la bussola che va l'edera
salendo verso l'altezza degli alberi
quando il serpente a sonagli trascina i suoi anelli
e voci dolci battono in gola
tra il limo che nutre il giglio bianco
guardato di notte intensamente...

Sulle montagne pelose, sulle spiagge
dove le onde bianche defogliano
la solitudine allungata è al tuo volo ...

Perché porti in camera da letto,
alla finestra aperta, fiducioso, terrore?...

Regina Artemide

Seduto, come il mondo, sul tuo stesso peso,
la pace dei pendii sulla tua gonna stesa,
il silenzio e l'ombra delle grotte marine
accanto ai tuoi piedi addormentati.
A quale profonda camera da letto cedono le tue ciglia
mentre si alzano pesanti come tende, lentamente
come scialli da sposa o drappi funebri...
a quale perenne restare nascosto dal tempo?
Da dove viene il sentiero che le tue labbra scoprono,
a quale abisso carnale scende la tua gola,
Quale letto eterno inizia nella tua bocca?

Il vino delle ceneri esala il suo alcol amaro
mentre il bicchiere arieggia, con la sua pausa, il respiro.
Due vapori elevano le loro fragranze segrete,
sono contemplati e misurati prima di essere confusi.
Perché l'amore anela alla sua tomba nella carne;
vuole dormire la sua morte nel caldo, senza dimenticare,
alla tenace ninna nanna che mormora il sangue
mentre l'eternità batte nella vita, insonne.

Tu, proprietario e residente delle crepe ...

Tu, proprietario e abitante delle crepe,
emula della vipera argentina.
Tu che eludi l'impero della prugna
e tu fuggi dall'aurora nell'ora bisestile.

Tu, cosa, come il tessitore d'oro?
che macina in un angolo buio e tetro,
la vite che non nutri, che il crogiolo declina
e sì, il suo sangue lo spremi, sippy.

Vai, senza macchiarti, tra la folla impura
verso il luogo dove con nobile traccia,
il piccione allatta i suoi piccoli.

Io, intanto, mentre il sanguinante, scuro
scalare le mie mura minaccia,
Calpesto il fantasma che brucia nella mia insonnia.

Ho trovato l'ulivo e l'acanto...

Ho trovato l'ulivo e l'acanto
che senza sapere che hai piantato, ho trovato addormentato
le pietre della tua fronte si sono staccate,
e quella del tuo fedele gufo, canto solenne.

Il gregge immortale, che si nutre al canto
delle tue albe e dei tuoi sonnellini,
i carri frenetici, defunti
delle tue ore amare con dolore.

La musa rossa arrabbiata e violenta,
la serena epica e pura divinità
che dove hai sognato oggi siede.

Da questi pezzi compongo la tua scultura.
La nostra amicizia i miei anni contano:
il mio cielo e la mia pianura hanno parlato di te.

Una musica oscura e tremante...

Una musica oscura e tremante
crociata di fulmini e trilli,
di aliti cattivi, divini,
del giglio nero e della rosa ebúrnea.

Una pagina congelata, che non osa
copiare il volto di destini inconciliabili.
Un nodo di silenzi serali
e un dubbio nella sua spinosa orbita.

So che si chiamava amore. Io non ho dimenticato,
né, che legioni serafiche,
girano le pagine della storia.

Intreccia la tua tela sull'alloro d'oro,
mentre ascolti i cuori ronzare,
e bevi il nettare fedele alla tua memoria.

fonte: A mezza voce


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